Marie Claire Settembre 1996

Si chiama VOICING©: aiuta a rimuovere blocchi e tensioni di origine emotiva. E' una terapia di gruppo, che usa i suoni e il canto per liberare la paura e la rabbia, la gioia e il dolore.

La voce quando è lo specchio dell'anima

Una donna timida e stonata durante un viaggio in Sudamerica, che oggi si definirebbe di "ricerca spirituale", si ritrova a cantare. Non si riconosce. E' sua quella voce? Posseduta. E' stata l'espressione di una grande trasformazione. In seguito, questa "urgenza" di canto si è ripetuta più volte, e ho potuto osservare che non ero diventata il medium di qualcun altro, ma semplicemente che qualcosa di profondo, in me stessa stava cambiando. Era il 1974, e quella donna è Pratibha de Stoppani.

Le tonalità che usiamo meno sono "omissioni" che rivelano i nodi irrisolti di una personalità.Recuperandole si ritrova una parte di sé.

La terapeuta che alcuni anni dopo avrebbe ideato la tecnica del VOICING© (per informazioni e prenotazioni sui gruppi condotti da Pratibha de Stoppani in varie città italiane rivolgersi al VOICING© INSTITUTE, in Svizzera, tel. e fax 0041/91/606 37 52). Nel corso di questa terapia di gruppo può accadere di tutto: si piange il dolore soffocato, o ci si ritrova a urlare una rabbia inespressa, oppure ci si scopre vulnerabili e teneri, sotto maschere di controllo e di paura. voce, racconta Pratibha. invitai a mettersi al centro del gruppo, e la cosa sorprendente è che, quando ha fatto la voce più "terribile" che potesse immaginare, il suono ha cominciato a cambiare, a diventare più dolce, come se rilassandosi desse spazio all'espressione di un suo aspetto sconosciuto. Questo succede grazie all'accettazione di se stessi e all'abbandono del giudizio.

Marie Claire: Che cos'è la tecnica del VOICING©?

Pratibha de Stoppani: Si tratta di rieducare le persone all'ascolto, una dote che è innata in ciascuno di noi e che, ormai seppelliti dai rumori, abbiamo dimenticato. Durante la terapia facciamo molti esercizi di tecnica di ascolto, di suoni e di voci: i partecipanti mettono una mascherina, per eliminare la possibilità di definire le persone attraverso il messaggio visivo e per concentrare l'attenzione su quello acustico. Quindi si passa alla "lettura" delle voci: le persone ascoltano qualcuno che non vedono, poi ne danno una descrizione psicologica. La cosa sorprendente è che la maggior parte, pur senza preparazione, riesce a dare descrizioni accurate.

M.C.: E la musica come viene utilizzata?

P.d.S.: Dipende dallo scopo che devo raggiungere: strumenti e canti che coprono suoni della fascia bassa vanno bene quando lavoriamo sulle esperienze legate alla sopravvivenza, al contatto con il proprio corpo. Se invece ci si vuole concentrare sui sentimenti, scelgo musiche e tonalità che fanno vibrare queste emozioni che, a livello fisico , sono nel petto. Tra gli strumenti, una delle esperienze più coivolgenti è l'ascolto del grande gong cinese che uso per fare un "bagno sonoro". E' molto utile quando lavoriamo su temi che impegnano la "pancia", quindi emozionalmente, o quando si lavora sull' "hara", il centro energetico da cui tutto sgorga e dipende. Spesso chiedo al gruppo di immaginare che le orecchie siano nella pancia o nel petto per "ascoltare con il cuore".

Seppelliti dai rumori NON SAPPIAMO PIU ASCOLTARE

M.C.: Lei sembra credere che la voce umana sia una sorta di impronta digitale. E' così?

P.d.S.: Sì, riflette l'unicità di ciascuno di noi. E se impariamo a considerarla così, non possiamo che aumentare il nostro livello di autostima. Quando mi viene chiesto se la terapia aiuterà a cambiare la propria voce, io rispondo che in realtà recupereranno una parte di se stessi. Lavoro infatti proprio sulle tonalità che da quella persona vengono usate di meno. Sono "omissioni" che rivelano i nodi irrisolti di una personalità.

M.C. Sta dicendo insomma che la voce è lo "specchio dell'anima"?

P.d.S. In qualche modo è proprio così: dalla voce si ottengono molte informazioni. Se, per esempio, si stabilisce su una tonalità, senza mai mutare, vuol dire che gli altri toni rimandano a qualcosa di traumatico o difficile da affrontare. E ho notato che, se una persona riesce a reintegrare un'emozione, la sua voce la riflette e cambia. Il mio lavoro è esattamente questo: far riaffiorare le emozioni attraverso il canto.

M.C. E qualche esempio delle diverse voci-personalità?

P.d.S. Una voce acuta, stridula, potrebbe significare incapacità a esprimere sentimenti o il desiderio di restituire un'immagine costruita di se stessi: di conseguenza, la voce finisce per comunicare un messaggio di falsità. E una voce che si mantiene su toni bassi, come spesso è quella maschile, rivela l'esigenza di dare un'immagine protettiva, di sicurezza. In questo caso può essere difficile esprimere il proprio disppunto o la propria rabbia.

M.C. A. questo punto si inizia a reintegrare le emozioni?

P.d.S. In questa fase mi fido delle mie intuizioni. Provoco delle situazioni capaci di evocare una particolare emozione o lavoro per induzione ipnotica: creo un certo clima oppure faccio in modo che la voce stessa, lasciata libera, porti dove c'è bisogno di esprimersi. Inizialmente tutti tendono a controllarla. Ma se si lasciano andare all'intensità delle emozioni, cerco di farli esprimere attraverso il canto. In un gruppo può succedere di tutto: c'è chi, pur senza esperienze terapeutiche, riesce subito a sentire e ad esprimere le emozioni, mentre posso trovarmi di fronte una persona che ha una forte volontà di riuscire, ma inconsciamente vuole controllarsi troppo, ed entra in situazioni di conflitto.

M.C. La sua è una terapia breve: gli effetti, dal punto di vista del benessere psicologico quanto durano?

P.d.S. Non durano certamente per tutta la vita: i gruppi di "conoscenza di sè" sono un'occasione per guardarsi dentro. E, infatti, subito dopo la terapia ci si sente "esplosivi", ma successivamente si dovrebbe cominciare un vero lavoro su se stessi, non solo sulla voce. Una terapia di VOICING© si può paragonare alla scoperta di un seme, poi però la pianta bisogna anche farla crescere. Il canto ha un potere proprio SFUGGE A OGNI CONTROLLO

M.C. Ma se la voce è così costitutiva dell'identità, cambiarla non è traumatico?

P.d.S. Tutti subiscono uno shock quando sentono la propria voce, anche perchè questi nuovi timbri comunicano aspetti sconosciuti della propria personalità. Ognuno crea un'immagine di sè, in base a schemi che condizionano profondamente. Vivere in funzione di questa immagine, che non è autentica, ci fa entrare in conflitto con noi stessi. Quindi scoprire impovvisamente di essere una persona diversa può essere un'esperienza dolorosa.

M.C. Così, non solo la parola, ma anche i suoni possono manipolare?

P.d.S. Se proviamo ad ascoltare le voci a occhi chiusi e a sentire le emozioni che ci provocano, ci rendiamo conto che molte inflessioni, cosidette avvolgenti, danno un senso di fiducia ma sono prive di autenticità, dopo un po' infastidiscono o sono ridicole. Ma se si è abituati all'ascolto, si capisce subito se qualcuno sta tentando di manipolarci con l'aiuto della voce. L'importante è recuperare questa abilità che abbiamo già dentro di noi.

Abbandono diventa la parola chiave. Lasciandosi andare anche attraverso il contatto fisico e gesti avvolgenti.

M.C. Nella sua terapia utilizza anche la tecnica dell'ipnosi.

P.d.S. Uso l'ipnosi di tipo classico per portare a un buon livello di rilassamento o indurre una particolare emozione.

M.C. Della sua formazione fanno parte anche culture e medicine orientali. Lei per esempio, lavora sui chakra, una mappa dei centri energetici corrispondenti a diverse parti del corpo.

P.d.S. Corrispondenti anche a sette livelli di coscienza, di cui rappresentano lo sviluppo. Nella mappa indiana, il primo chakra corrisponde all'origine, alla terra, alle radici, e alla sessualità intesa come riproduzione. Riattivarlo aiuta ad accettare il proprio corpo, la materia.. Il secondo chakra rappresenta l'emozione, è legato al sentire, il dolore, il piacere, la rabbia. E così via. Cerco in tutti i modi di aiutare i miei pazienzi a far nascere nuovi suoni come una "levatrice" fa nascere nuove vite. La parola chiave è "abbandono". Bisogna lascirasi andare ai propri dolori, ma anche aprirsi alla dimensione della vulnerabilità. Dico sempre ai miei pazienti che l'accettazione della propria vulnerabilità corrisponde al massimo della forza e non a una debolezza.

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